Le nuove scoperte di Sayburç sfidano ancora la storia

La storia dell’umanità è tuttora ricca di misteri e l’archeologia per fortuna ancora oggi ci sorprende. Abbiamo già parlato dei siti di Göbeklitepe e Karahantepe, nel distretto di Şanlıurfa, nel sud-est della Turchia, che hanno messo in discussione convinzioni a lungo sostenute sulla cronologia delle civiltà organizzate. Questi siti hanno suggerito l’esistenza di società complesse ben prima delle epoche storiche dell’Egitto e di Sumer. Ora, la recente esplorazione di Sayburç, un altro sito a soli 60 chilometri a est del fiume Eufrate, aggiunge un capitolo emozionante a questa narrazione della storia umana.

A Sayburç gli archeologi hanno riportato alla luce un grande pannello, alto oltre tre metri, che raffigura una figura maschile in altorilievo affiancata da leopardi in rilievo piatto. La figura umana è caratterizzata da grandi orecchie, occhi sporgenti, labbra spesse e, soprattutto, il fallo stretto nella mano destra. Il personaggio indossa un collare di forma triangolare, che rende ancora più peculiare la raffigurazione. Questa iconografia è particolarmente sorprendente e si discosta in modo significativo dai tratti stilistici comuni di altre opere rinvenute nella regione.

Accanto alla figura centrale si trovano due leopardi, raffigurati di profilo, con bocca aperta, denti visibili e coda arricciata verso il corpo. È interessante notare che uno dei leopardi presenta anche un fallo, speculare alla figura umana centrale, il che suggerisce un possibile collegamento tra gli elementi raffigurati.

Accanto a questo pannello si trova un’altra scena notevole ma ne parleremo ancora.

Intanto possiamo affermare che le rappresentazioni artistiche di Sayburç non sono solo impressionanti per i loro dettagli e la loro abilità artigianale, ma sono anche indizi vitali nel puzzle dello sviluppo della società umana.

Questi manufatti, la cui datazione li riporta a circa 11.000 anni fa, sfidano con decisione il consenso archeologico convenzionale sull’ascesa delle società complesse. Suggeriscono invece che la culla della civiltà potrebbe non essere limitata alle aree tradizionalmente riconosciute e che i nostri antenati potrebbero aver creato comunità organizzate molto prima di quanto si pensasse.

Possiamo quindi affermare che la narrazione della storia umana è lungi dall’essere completa e siti come Sayburç sono chiavi essenziali per scoprire le nostre origini comuni. La storia di chi siamo, da dove veniamo e come si sono formate le nostre civiltà sta diventando sempre più intricata e affascinante. E, comunque, mi piace anche pensare che qui siamo nella zona che la Bibbia potrebbe definire “miqedem” (מִקֶּדֶם), sito di un noto giardino…

(Mauro Biglino)

Viva il 25 Aprile

Ecco, la guerra è finita.

Si è fatto silenzio sull’Europa.

E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.

Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.

Come siamo felici.

A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia,

nessuno era più capace di andare avanti a parlare.

Che da stasera la gente ricominci a essere buona?

Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio, tutti sono diventati pazzi,

ridono, si abbracciano, i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.

Felicità su tutto il mondo è pace!

Infatti quante cose orribili passate per sempre.

Non udremo più misteriosi schianti nella notte che gelano il sangue

e al rombo ansimante dei motori le case non saranno mai più così immobili e nere.

Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,

Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.

Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua uno là senza preavviso,

e sentirle perennemente nell’aria, notte e dì capricciose tiranne.

Non più, non più, ecco tutto;

Dio come siamo felici. Dino Buzzati.

Buon 25 aprile a tutti, a quasi tutti.

Il senso delle cose

Ringrazio chi ha speso un minuto per farmi gli auguri, chi correndo, lo ha pensato, ma non ha avuto il tempo di farlo, chi sapeva di doverlo fare e non lo ha fatto, e anche chi, per dispetto, è passato oltre, senza proferir parola.
In fondo, la vita, è un gioco meraviglioso, dove si vince e dove si perde, dove restare umani ha più valore di tutto il resto.
Oddio, questo è un mio parametro, perché c’è sempre chi ritiene che l’essere umano debba arretrare di fronte a qualcosa di superiore, come il Dio danaro.
Ma, nonostante ciò, continuo a ringraziare chi, nella danza quotidiana delle ore, partecipate al grande gioco della vita, protagonista o spettatore, perché ogni mente che sogna, contribuisce al nostro viaggio attraverso il tempo.
E per quanto difficile, trova sempre la forza di sorridere mentre il mondo ti chiede lacrime, di resistere e stendere la mano quando ti vien voglia di chiuderla in un pugno.
Talvolta è ancor meglio chi usa il silenzio, perché anche il silenzio ha il suo linguaggio.
Per tutto ciò, fai sì che ogni giorno sia un’opportunità per scegliere l’amore sopra l’oro, la gentilezza sopra il guadagno.
E ricorda che in questo teatro vasto e variopinto che è la vita, ogni ruolo è essenziale, ogni voce ha il suo tempo, ogni silenzio ha il suo spazio.

Un nuovo Tramonto Occidentale

Nove corpi in totale decomposizione su un barchino. Su una spiaggia brasiliana: erano migranti provenienti da Mauritania e Mali. Partiti dall’Africa puntavano verso la Spagna, le Canarie, sono finiti alla deriva per 4mila di chilometri, verso un altro continente, navigando troppo al largo. Persi per sempre nell’Atlantico, per giorni, settimane, mesi. Erano partiti il 17 gennaio. La barca, un cayuco, non presenta danni. Non sono naufragati. A bordo erano in 25-30, in base a cellulari e documenti. Fame, sete, arsi dal sole, puntini nel mare immenso. Soli. La più disperante delle morti. Alcuni sicuramente buttati a mare dai compagni. La rotta Africa-Canarie è la più mortale al mondo: si naviga su semplici grosse canoe in balie delle onde, condotte da persone senza esperienza. Già 1.500 morti nel 2024 ma il numero di “naufragi fantasma”, di cui mai nulla si saprà, è probabilmente altissimo.

Sulla cima degli Appennini

“Quando si zappa e quando si pota, non tengo ziani e non tengo nipoti, quando è tempo di vendemmià, ziani di qua e nipoti di là”.
Mi ci sono seduto sopra. È l’Appennino, appuntito ed aspro, con i suoi sali e scendi, bello e mitologico, popolato di personaggi fiabeschi, abiti colorati, streghe, maoni, Janare, e tutte le bestie conosciute e sconosciute. Dalle cime dei monti godi panorami che ti fanno immaginare immortale. Nel fondo delle valli, mandrie di vacche podoliche migrano verso pascoli più verdi, dove gli steli d’erba si fanno poesia, e le dentature, straziate, stringono radici tirate a forza di strattoni dal terreno duro del cammino. Escrementi di bovino diventano secchi ripari per insetti, neri come la merda, corazzati come i Leopard, che non si fanno acchiappare, nemmeno se ti ci tuffi sopra. Ranocchiette verdi saltano veloci dentro a ciò che resta di uno stagno. L’odore acre della melma mi sale al naso causando reminiscenze antiche, di muschio e fango: è il petricore.

Luigi Scotti e i Tramonti Occidentali

Anche mio fratello Luigi Scotti Chef in Famiglia, è entrato nella grande famiglia Graus Edizioni. Intanto si è fatto una bella lettura con il nostro Tramonti Occidentali ,nato da una storia di Maurizio Del Greco e tra pochissimo faremo tante belle cose insieme! Ragazzi, un abbraccio a tutti e a presto vederci!

Vitalii e la voglia di Pace

Vitalii è grande e grosso, assai.
È un giovane dal volto tondo e dall’aria pacifica di bravo ragazzo. Vitalii è arrivato in Italia, dalla madre, ad Ariano Irpino. Ha combattuto contro la depressione ed i fantasmi che lo perseguitano fisicamente e psicologicamente. Vitalii è un ragazzo ucraino che ha servito la sua patria arruolandosi ed andando in guerra, per difendere la libertà del suo popolo di autodeterminarsi, per difendere l’idea di un’Europa unita, libera e democratica. Il suo battaglione era formato da cinquanta uomini: solo in due ne sono tornati vivi. Nel suo sguardo ancora le immagini di quei momenti, i ricordi, i momenti brutti e quelli belli; poi un sorriso gli illumina il viso. Mi mostra con orgoglio le fotografie di quel periodo in prima linea, indossando la mimetica, la baklava ed il mitra. Nella sua galleria fotografica c’è la memoria di tutto ciò che ha attraversato, compresi i corpi senza vita dei suoi amici. Non parla ancora in italiano, ma ha tanta voglia di farsi ascoltare e attraverso le traduzioni della madre, Oksana, mi racconta di quella volta in cui non potettero dormire per una settimana, per paura di essere sgozzati dai nemici. Come avete fatto? Chiedo io ingenuamente. Imbottendoci di barbiturici, mi risponde con fermezza lui. Ecco, i barbiturici: pensavo fossero scomparsi dal mercato, ma noto, con un pizzico di disappunto, che in terra di guerra possono finanche salvarti la vita. Vitalii viveva ad Irpin ed ora vive in Irpinia. Uno scherzo del destino lo ha portato a vivere in luogo dal nome simile, dove sono solo le ultime due vocali a fare la differenza. Prima di lasciarci, Oksana, mi racconta che solo qualche giorno fa un suo amico, mentre era di vedetta su una camionetta blindata, è stato tranciato di netto da un missile russo. Vitalii ha pianto e ci fa capire che la guerra è davvero un brutto affare, soprattutto quando la devi fare per difenderti da un aggressore grande e grosso. Vitalii è anche lui grande e grosso ed ha spalle larghe, ed io gli auguro tutto il bene del mondo! Ha avuto una medaglia al valor militare dal Presidente Zelensky, ma io gli auguro un futuro di pace!

Una poesia da Franco Arminio

Abbiamo avuto il privilegio e l’onore di avere Franco Arminio, il più grande poeta italiano vivente, nostro ospite, presso la casa per anziani che dirigo “Il Soffio sul Mulino”

Vi lascio una delle tante poesie che ha letto.